4 aprile 2012

Navigar m'è dolce in questo mare...


Esterno notte, anzi sera, anzi facciamo tra il lusco e il brusco. Piano americano sul protagonista, stanco, provato da una giornata di lavoro, madido di sudore in una città caotica, Roma, oramai dimentica di quel ponentino che la rallegrava quando "una volta qui erano tutti prati".

Chiave, toppa, portone che cigola e stancamente si richiude. Ascensore, "porca di quella tr...", ascensore rotto. Scale, tante scale, condomino logorroico, "Buona sera ! Come va ?", "Buonasera 'sto ca...", pensiero, "Buonasera a lei", parole.

Fiatone, sudore copioso, finalmente porta di casa, arichiave, aritoppa, porta che aristancamente si richiude. Eccitazione, via scarpe, via vestiti, bagno, emozione, trepidazione, bagno rinfrescante, eccitazione.

Maniglia, movimento, apertura, entrata, rotazione del collo, sguardo vivo su vasca piena d'acqua....delusione, aritmia, infarto ? Vasca sparita, tinozza di plastica apparsa, pure piccola. Delusione, rifiuto, forse suicidio...

E' chiara l'analogia ? No, suvvia, fate un piccolo sforzo....

Come cuocete la pasta ? Usata un bricco da caffè per sfamare quattro persone ? Usate una pentola della giusta dimensione ma, per qualche stana congiunzione astrale, decidete di riempirla con due dita d'acqua ?

Se avete risposto si, allora sappiate che la pasta, quando la buttate nella misera pentola, prova ciò che ha provato il protagonista della nostra strampalata storia.

Eh si, perché la cottura della pasta, nella sua esemplare semplicità, nasconde insidie perigliose.
La pasta, seguitemi, ama nuotare in mari estesi, ama immergersi in fondali profondi. Vuole si incontrare compagni di avventura ma, appunto, li vuole incontrare e non averli appiccicati tipo metropolitana di Tokyo nell'ora di punta.

La pasta, ariseguitemi,  esige una Jacuzzi e non la vasca del bagnetto di un neonato. La pasta, visto che è destinata a morte certa, nel vostro stomaco, giustamente pretende esaudito l'ultimo desiderio. Siate esseri di cuore e non negategli questo piccolo e fugace momento !

Allora, come forse i più avveduti sapranno, esiste una regola aurea che ci dice che ogni etto di pasta abbisogna almeno di un litro di acqua. Prendete questo valore come un minimo e, se possibile, con la sola eccezione di quando vi fate una amatriciana nel deserto del Gobi, osate e spingetevi oltre, sino a dove la vostra pentola ve lo consente.

Ora, però, se mi dite che la vostra pentola più grande è quella delle Polly, allora, vi prego, fermatevi qui, mettete il vostro vestitino delle grandi occasioni, uscite e compratevi una pentola che sia degna di questo nome.

Fatto ? Bene, allora ora riempite 'sta pentola con l'acqua, con molta acqua. Mentre la riempite, chiudete gli occhi e immaginate che lo scroscio dell’acqua che la riempie sia una cascata alpina, in alta quota e, per un momento, beatevi di questa armonia (se siete un maschietto e avete superato i 50, sconsiglio questa pratica che, invece di titillare la vostra immaginazione, titillerà la vostra debole prostata). Poi riaprite gli occhi, ritornate nella mestizia della vostra cucina e chiudete il rubinetto.

Il sale. Beh, qui esistono due teorie: la prima che prevede di salare subito l'acqua e poi portare tutto sul fuoco; la seconda di aggiungere il sale quando l'acqua bolle. Ora, a parte giustificazioni chimico-fisiche, sulla pressione atmosferica, sul potere corrodente del sale, e via dicendo, io metto il sale nell'acqua fredda perché, semplicemente, non voglio correre il rischio di scordarmi di metterlo quando l'acqua bolle. Punto.

Il fuoco. Allora, vi rivelerò un segreto, che lascerà alcuni di voi stupefatti, financo scettici: il fatto che sul piano di cottura ci siano fuochi di misura diversa non è, udite udite, un errore di progettazione, ma un qualcosa di voluto. Impossibile, direte voi, eppure è così. 

Superato lo shock, vi suggerisco di usare il fuoco più grande che avete. Il motivo non è tanto quello di portare l’acqua a bollore nel minor tempo possibile (se avete tempo, potete anche farla bollire usando un accendino o, se in voi aleggia lo spirito di una giovane Marmotta, potete provare con uno specchio, due legnetti e anche alitando sulla pentola, emulando le gesta di un famoso asinello e di un altrettanto famoso bue), ma di far si che, una volta buttata la pasta, la potenza del fuoco faccia tornare a bollore l’acqua nel miro tempo possibile.

Quando l'acqua bolle, non timidamente, ma con decisione, alzate il fuoco al massimo e buttate la pasta. Nei primi minuti di cottura giratela spesso, poi ogni tanto, per evitare che si attacchi sul fondo. Il fatto che l'acqua sia abbondante, peraltro, ha anche l'effetto di ridurre il calo di temperatura che si ha nel momento in cui si butta la pasta e, di conseguenza, il bollore riprenderà più rapidamente.

Ricordatevi anche che il tempo di cottura indicato nelle confezioni di pasta è indicativo, che in genere tale tempo decorre dalla ripresa del bollore e che l'assaggio è l'unico modo per capire veramente se la pasta è cotta o no. Io, normalmente, imposto il timer ad un paio di minuti in meno rispetto al tempo di cottura, in modo che, al suonare del campanello, possa assaggiare la pasta e capire a che punto è la cottura. 

Ricordate anche che la cottura della pasta continua anche dopo averla scolata e, se lo fate, anche durante la "mantecatura" in padella.

Ah, a proposito dell’assaggio, che sia appunto un assaggio, per il quale basta uno spaghetto o un rigatone. Per favore, evitate di farvi prendere la mano e scoprie, quando scoalte, che quel mezzo chilo buttato in pentola si è miseramente ridotto ad un pugnetto scarso di maccheroni.

Altra cosa da non scordare (ma non si era detto che cuocere la pasta era facile ?) è di mettere da parte una tazza di acqua di cottura, presa dalla pentola poco prima di scolare la pasta. Questa acqua è in genere molto utile durante la mantecatura, per evitare che il tutto si traduca in un ammasso secco e senza quella cremosità che, invece, è fondamentale. 

Ricordatevi di prendere l'acqua verso la fine della cottura, in modo da garantire che questa contenga la massima quantità possibile di amido (rilasciato dalla pasta) che, a sua volta, consente la mantecatura perfetta.

La scolatura. Forza che ci siamo. Quando la pasta è cotta scolatela usando uno scolapasta che sia degno di questo nome e segua le dimensioni della pentola, senza constringere a scolature multiple solo perchè avete usato un colino da caffè. 

Ricordatevi che la scolatura dipende anche dal condimento della pasta, per cui se condite la pasta con un sugo semplice, a base d’olio, direttamente nell’insalatiera dove la servirete, allora la scolatura dovrà essere accurata, per evitare che l’acqua residua trasformi il condimento in un guazzetto terrificante. Se invece mantecherete la pasta in padella, allora è bene lasciare un buon grado di umidità e, quindi, dare una rapida scolata e passare direttamente in padella con il condimento (e, nel caso, usare anche l’acqua messa da parte).

Nel caso abbiate cotto tortellini, ravioli e, in generale, formati di pasta “delicati”, il suggerimento è quello di non usare lo scolapasta, che potrebbe danneggiare la vostra opera d’arte, ma di togliere la pasta dalla pentola usando un colino sufficientemente capiente.

Che dire, tutto è stato detto, per cui mi aspetto che, dopo un eventuale ripassino serale, siate oramai in grado di esprimervi nella cottura perfetta.

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